NAPOLI 2000 L’album azzurro dalle origini a oggi
NAPOLI 2000 L’album azzurro dalle origini a oggi
SAGEP Editori
pagine 84
lingua italiano
fuori catalogo
Napoli e il calcio un binomio inscindibile che da sempre accompagna la storia di questa piccola grande città, storia fatta dei sentimenti più estremi: dall’amore all’odio, dalla gioia alla tragedia, dall’amicizia al tradimento.
Anche il calcio vi è passato attraverso con i suoi alti e bassi, con le sue incredibili e insperate vittorie, con le sue inattese sconfitte, come in un viaggio dantesco, come se Napoli e i suoi abitanti dovessero espiare delle pene antiche e gli è stato dato di farlo attraverso il football.
La parola inglese ha il suo significato, pure in un luogo ove tutto e tutti vengono dialettizzati per comodità, per facilità d’apprendimento. Sono stati gli inglesi, nei primi anni del Ventesimo secolo a contaminare i napoletani. Le navi che sostavano a Napoli portavano con sé, oltre alle stoffe e alle spezie del grande Impero, anche marinai che per ammazzare il tempo e l’attesa si divertivano a giocare a calcio, pardon a football. E come è successo in tutto il mondo, sono i ragazzi della ricca borghesia locale a seguire la nuova moda, il nuovo passatempo: più spietato di un duello, più affascinante di una passeggiata a cavallo. Sono, addirittura i figli di Scarfoglio, direttore de il Mattino, e di Matilde Serao a scendere in campo e le cronache del tempo iniziano a occuparsi dei primi match giocati in città.
In pochi anni, più velocemente di qualsiasi epidemia che Napoli abbia mai visto, ecco che il calcio si espande a macchia d’olio, si formano squadre in città e in tutta la regione, s’iniziano a seguire le regole inglesi, a importare le divise, a cercare campi adatti alla disputa e le domeniche le partite sono un ottimo intermezzo delle passeggiate.
Verso la fine del 1904 nasce il Naples, maglia a strisce blu mare e celeste; presidente è l’ingegnere Amedeo Salsi, insieme a Potts, mister Bayon, Conforti e Catterina. Qualcuno parla addirittura dell’inizio del 1905, tanto fa perché solo nel 1926 nascerà il Napoli che conosciamo oggi.
Questa squadra farà parlare molto di sé con vittorie importanti, come quella contro i marinai della nave britannica Arabik, oppure la Coppa Salsi che era il torneo stracittadino e la prestigiosa Coppa Lipton (messa in palio dall’omonimo uomo d’affari) battendo in Sicilia i padroni di casa del Palermo per 2-1. Allora si giocava a Campegna alle pendici di Posillipo, poiché il Campo di Marte si era rivelato piuttosto scomodo.
Nel 1911 alcuni soci del Naples decisero di fondare un nuovo sodalizio: l’Unione Sportiva Internazionale, casacca blu notte con un grosso fregio ricamato in bianco. Presidenti furono Stolte prima e Barbati poi, mentre il campo da gioco fu allestito presso le Terme di Agnano, con tanto di recinzione e casottino in legno per potersi cambiare i vestiti. Rivalità che costrinse entrambe le società a dotarsi di un’organizzazione dirigenziale ben strutturata. La battaglia sportiva tra i due sodalizi più importanti della città andò avanti per alcuni anni, anche se a livello regionale era il Savoia lo squadrone da battere. Nel 1912 è l’Internazionale a vincere il campionato meridionale, mentre nel 1913 toccò al Naples. Nel 1917, però, fu l’Internazionale a sbaragliare la concorrenza vincendo la Coppa Federale e la Coppa Internazionale.
La Grande Guerra destabilizzò anche il calcio che con la pace cercò di riprendersi e di riprendere gli antichi fasti, ma senza grande successo. Naples e Internazionale furono sfrattate dal campo di gioco e si dovettero accontentare di esibirsi nella Villa Comunale. Nel 1921 la grande svolta grazie al presidente dell’Internazionale, il cavaliere Emilio Reale, che facendo da paciere riunì in via Depretis le due delegazioni capeggiate dall’ingegnere Gaetano Del Pezzo da una parte e da Hans Jenni dall’altra.
Per motivi economici e sportivi nasceva così l’Internaples, casacca azzurra con collo e paramani celeste: i colori del Naples e la tinta unità dell’Internazionale. Naturalmente, anche in questo caso ci furono dei dissidenti che fondarono la Speranza prima e un nuovo Naples poi, ma ormai il dato era tratto. Emilio Reale chiamò alla guida della squadra l’austriaco Bino Shasa, l’uomo che scoprì Attila Sallustro e iniziò a valorizzare i giovani.
Ma il nome che più di tutti gli altri è legato alla nascita del Napoli vero e proprio è quello di Giorgio Ascarelli: fu lui a ingaggiare Carlo Carcano (l’allenatore dei 5 scudetti consecutivi della Juventus negli anni Trenta), a portare a Napoli un giocatore come Giovanni Ferrari (una promessa mantenuta del calcio italiano), a imporsi per far giocare la squadra all’Arenaccia, in coabitazione con i militari.
Il primo agosto del 1926 si riunì il Consiglio dell’Internaples per cambiare nome alla squadra. Questo è il periodo delle leggi fascistissime e come si sa in Italia durante il regime di Mussolini non erano graditi i nomi stranieri o… straniereggianti.
Così, con qualche contrasto che non manca mai, nacque l’Associazione Calcio Napoli, che poi nel 1964 si trasformò in S.S.C. Napoli.
Nel 1926-27 la nuova società iscrive la squadra al campionato di serie A, divisione nazionale, girone A. L’impatto è durissimo e alla fine il Napoli avrà un solo punto frutto del pareggio con il Brescia per 0-0. Diciassette le sconfitte, ben 61 le reti subite, mentre solo 7 quelle segnate: 2 da Kreuzer e Ghisi I, una da Innocenti I e Sallustro, più un autogol. Le batoste più pesanti a Milano contro l’Internazionale per 9-2 e a Torino contro la Juventus per 8-0.
Prima della fine di questo campionato, comunque, Ascarelli era stato costretto a dimettersi. Tornò alla guida della società nella stagione 1929-30, la prima a girone unico, appena il tempo di vedere il nuovo stadio “Vesuvio” nel rione Luttazzi, che con le tribune in legno era capace di ospitare ben 10.000 persone. Giorgio Ascarelli muore il 12 aprile del 1930 a causa di una peritonite perforante quando aveva solamente 36 anni.
Il Napoli e il calcio che conta non si sono amati subito, i primi anni della serie A, dalla stagione 1926-27 a quella a girone unico, sono stati difficili, la squadra ha rischiato sempre la retrocessione, ma grazie a escamotage della Federazione e del suo presidente Arpinati che non voleva e non poteva perdere Napoli e il Napoli si allargò il numero delle squadre sino alle 18 del primo campionato a gironi unificati. Autore di questi compromessi anche lo stesso Ascarelli, il suo grande regalo a uno sport, a una squadra e a una città che lui ha amato sopra tutto e tutti, forse anche sopra se stesso.
Con lui è iniziata l’avventura del Napoli nel calcio italiano, nella massima serie e il suo nome resterà per sempre attaccato a quelle maglie azzurre.