Italia-Germania è per sempre
Il mio primo Italia-Germania è del 14 giugno 1978, Mondiale argentino. Avevo otto anni ed eravamo al mare, vedemmo la partita da un amico di mio padre, ricordo il rammarico per non aver battuto i campioni del mondo in carica, ricordo le file per fare benzina, ricordo il sapore di quella prima sfida. Oggi, per me, Italia-Germania è la partita in senso assoluto.
Siamo la vostra bestia nera, lo dicono i risultati. Non ci avete mai battuto quando conta veramente e proprio contro di voi abbiamo vinto il più bel Mondiale di sempre, sconfiggendo i più forti, dall’Argentina al Brasile, dalla Polonia alla Germania, appunto. Ogni vigilia la riempite di parole, l’adrenalina sale e non sapete resistere, perché nonostante la vostra forza, la vostra organizzazione, nonostante che, come tante altre volte, siete campioni del mondo in carica, questa partita vale tutto anche per voi tedeschi. Ci sminuite, ci deridete, questa volta ci chiamate «vecchietti», ma sapete bene che quando il pallone sarà posizionato in mezzo al campo tutto sarà azzerato e sarà solo e unicamente Italia-Germania.
Quando c’incontriamo è come se gli uni negli altri rivedessimo la propria storia, non solo sportiva. C’è la guerra, ci sono le vacanze estive, gli amori mai dimenticati, rancori e dissapori. Ma c’è molto di più. Noi italiani, in generale, ammiriamo la vostra efficienza, la vostra organizzazione, la vostra pulizia, la vostra economia. Voi ammirate la nostra arte, la nostra cultura, il nostro artigianato, il cibo e il paesaggio, ne siete estasiati, innamorati. Noi per voi siamo ancora l’Italia del Grand Tour del XVIII secolo, del Viaggio in Italia di Goethe. Entrambi ci siamo risollevati dalla distruzione della guerra e abbiamo dovuto ricominciare a rispettarci, come un bambino che impara le cose per la prima volta.
Non avevo nemmeno un anno quando fu giocata la partita del secolo, il 4-3 di Città del Messico, ma ho ancora in mente il racconto di mio padre che studiava medicina. Era notte in Italia e l’entusiasmo fu incredibile, molto di più della vittoria dell’unico Europeo due anni prima, nonostante poi la finale persa malamente col Brasile per 4-1. Giocare contro di voi scatena emozioni forti, sento le vibrazioni, sento soprattutto di voler vivere quei 90 o 120 minuti, viverli fino in fondo, gioire, imprecare, esultare se possibile.
Avete vinto quattro Mondiali e tre Europei. Siete forti, scendete sempre in campo per vincere, eppure quando incontrate l’Italia qualcosa dentro di voi inizia a non funzionare più come dovrebbe, iniziate a sudare freddo e alla fine non capite nemmeno dove avete sbagliato. Considero Joachim Löw uno dei tecnici più intelligenti e preparati che ci siano, ma nella semifinale del 2012 sbagliò completamente formazione. Mi sono chiesto perché, com’era stato possibile che, calcisticamente parlando, quella squadra fortissima, campione del mondo solo due anni dopo, non fosse riuscita a capirci niente, fino a dieci minuti dalla fine. Vi confido un segreto, ho tifato per voi contro il Brasile, ho proprio goduto del 7-1, perché io amo il calcio nella sua elegante essenzialità ed era giusto che sbranaste quell’inutile squadra. Ovviamente ho tifato Argentina in finale, sperando che non ci raggiungeste nella classifica delle coppe vinte.
La grande differenza che c’è tra noi e voi è che voi siete forti e lo sapete, lo dite, lo gridate ai quattro venti. Fa parte di una cultura e una storia che vengono da lontano. Noi italiani, invece, vi consideriamo presuntuosi. Anche noi, nel calcio, sappiamo di essere forti, ma siamo consapevoli che se perdiamo ci prenderete in giro per tutto quello che in Italia non funziona fuori dal calcio, ed è un lusso che non ci possiamo permettere. Senza contare che in questo momento storico c’è un forte sentimento negativo contro la Germania, per le sue politiche economiche e finanziarie.
Una cosa mi piace ricordare. Negli anni Novanta per tornare a vincere siete dovuti venire a scuola da noi italiani con i vostri giocatori migliori, come Matthäus e Bierhoff, avete dovuto imparare i nostri allenamenti, la nostra organizzazione, la nostra voglia di vincere. Ecco, nonostante tutta la forza e la preparazione voi temete la nostra voglia di vincere, perché non s’impara a scuola o durante l’allenamento, è qualcosa che viene da dentro quando tutto intorno ti dice che perderai. Perché alla fine, se vincete voi siete bravi, ma se vinciamo noi lo saremo sempre un pizzico di più.