Maradona a Reggello

Maradona si è fermato a Reggello

«Ho visto Maradona, ho visto Maradona, eh, mammà, innamorato son», cantavano a squarciagola i napoletani nella seconda metà degli anni Ottanta. Il Dio del calcio, infatti, era sceso dall’Olimpo, dove non è mai stato a suo agio, per abitare la città che più di tutti ha rappresentato e lo rappresentava: Napoli. Perché Diego Armando Maradona, bruno, ricciolo, alto 1,65 m, era uno scugnizzo fatto e sputato. Nei suoi anni italiani sono in molti a poter vantare una foto con lui, quattro chiacchiere, un’amicizia, ma a Reggello nessuno ha dimenticato quel 17 agosto 1984 e i giorni precedenti. Il Napoli di Rino Marchesi, infatti, in ritiro alle pendici delle Foreste Casentinesi, giocò un’amichevole con la squadra locale, nello stadio Comunale (inaugurato nel 1976), davanti a quasi 8.000 spettatori arrivati da Napoli, ovviamente, da Firenze e dai paesi vicini.

Maradona al San Paolo

Cinque giorni prima, a Los Angeles, erano terminati i Giochi della XXIII Olimpiade, nei quali l’Italia aveva conquistato 32 medaglie, di cui 14 d’oro. Il 10 avevano debuttato i Red Hot Chili Peppers con l’album «The Red Hot Chili Peppers», mentre gli U2 sparigliavano le carte del panorama musicale internazionale col disco «The Unforgettable Fire». È l’anno della morte di Enrico Berlinguer, di Richard Burton (5 agosto), di Eduardo De Filippo, del primato dell’ora di Francesco Moser a Città del Messico e dell’arrivo di Maradona in Italia, per la precisione il 5 luglio. Una lira di allora equivaleva a quasi un euro di oggi, ma vedere il campione argentino dal vivo non ha mai avuto prezzo.

Maradona

Il Napoli alloggiava all’Hotel Italia, in piazza Potente, e veniva da Castel del Piano, sull’Amiata, dove aveva iniziato il ritiro. Il giovane sindaco di allora, Pieraldo Ciucchi, ex calciatore che aveva giocato nelle giovanili della Fiorentina, si dette molto da fare per agevolare il soggiorno della squadra napoletana, anche perché non era semplice gestire le migliaia di persone che si erano riversate su Reggello. Allestì un servizio d’ordine dei vigili urbani perché la notte non ci fossero schiamazzi e i giocatori potessero riposare senza problemi. Spianò un campo a tempo di record per predisporre un parcheggio, tante erano le auto e i motorini che in quei giorni salivano da Montanino o da Leccio. Tra quegli appassionati c’era pure un giovane Maurizio Sarri, napoletano di nascita e di fede, che andava sempre ad ammirare l’allenamento del Napoli, per vedere palleggiare Maradona. In mille affollavano lo stadio Comunale in quei momenti, sia la mattina che il pomeriggio, per riempire poi gli alberghi e i ristoranti della zona che, da Vallombrosa a Cascia, da sempre richiama turisti. Erano gli anni del gruppo farmaceutico Boehringer-Ingelheim, con 400 dipendenti, e di una Resco Reggello che se la batteva tra Promozione ed Eccellenza.

Maradona e Platini

C’era già venuto il Genoa di Simoni in ritiro, quando gli accordi si siglavano con una stretta di mano, quando le società pagavano e non come oggi che vengono pagate, optando quindi per località più famose o per tour in Paesi esotici, ottimi per le casse, meno per la preparazione fisica della rosa. Ai tempi di Prandelli e Corvino anche la Fiorentina ha fatto tappa nei pressi delle Foreste Casentinesi. Trentasette anni fa, invece, era stato Rino Marchesi a portarci l’Avellino, una delle più belle realtà del calcio di provincia. Quasi un portafortuna. Da Reggello partì il direttore sportivo Paolo Rosseti, insieme ad altri dirigenti e al sindaco, destinazione Castel del Piano. Mettersi d’accordo fu un attimo e dopo una settimana il Napoli si trasferì, immaginatevi una cosa del genere oggi, improponibile. Reggello, poi, è famoso, tra le altre cose, per il suo olio, regalo assai gradito dagli allenatori.

In quel Napoli c’era anche il campione del mondo 1978, l’argentino Daniel Bertoni, arrivato proprio dalla Fiorentina, mentre l’olandese Rud Krol, che quella finale l’aveva persa, era andato in Francia, al Cannes. In porta c’era ancora Castellini, in difesa un giovane Ferrara, Caffarelli in attacco, insieme a Bruno Giordano, Bagni e Celestini in mezzo al campo.

Murale di Maradona

Quella sera del 17 agosto 1984 c’era tutta Reggello allo stadio e un pezzo di Napoli. Era una notte fresca, con gli olivi e le montagne a fare da spettatori, e un pubblico mai più visto da queste parti. Maradona è in forma, gioca, si diverte, segna due gol e fa segnare, finisce 9-0 per i partenopei. Chi l’ha visto, chi c’era non ha mai dimenticato quel momento di sport, la fortuna, o il caso, di aver visto El Pibe de Oro dal vivo, il calciatore che ha lasciato un segno indelebile nella storia del football mondiale. Un’amichevole diranno i nostri giovani amici, abituati oramai alla patinata Champions e a snobbare tutto ciò che è sotto quello standard, ma Maradona non era uno che si tirava indietro, non era uno che dosava le forze, il suo genio era lo stesso, sia per affrontare la Resco Reggello che la Germania nella finale mondiale, era questa la sua grandezza e anche la sua debolezza, che ne nascondeva tante altre.

Maradona

Eppure questi sono posti per ciclisti. Qui Bugno vinse una tappa del Giro d’Italia con arrivo a Vallombrosa nel 1990, Moser partì da queste montagne per vincere il Giro della Toscana arrivando solo a Montecatini e sempre qui Alfredo Martini organizzò un circuito pre mondiale per preparare i ciclisti della Nazionale. In un torneo di calcio internazionale Under15 si ricorda pure un giovanissimo Francesco Totti.

Maradona

Ottanta-Novanta, il ventennio della serie A ricca che dominava nelle coppe europee, che ha visto i migliori giocatori al mondo, tra questi Maradona, che con il Napoli ha vinto due scudetti, una Coppa Italia, una Supercoppa Italiana e una Coppa Uefa (strapazzando il Bayern Monaco in semifinale), nel giro di appena tre anni. Di quel 17 agosto del 1984 e di quella Reggello c’è rimasto poco, ma le foto di quei giorni sono un po’ dappertutto, dalla sede della squadra ai bar, dai ristoranti agli alberghi. Tra alcuni lustri qualche nonno potrà così raccontare ai propri nipoti di quando Diego Armando Maradona, il giocatore più forte della sua generazione (durato troppo poco), si è fermato a Reggello.

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